“si dipinge per errori, si dipinge ciò che non si vede“.
La pittura è rifugio.
La pittura è un virus.
La preservo e la coltivo in quel di Serrungarina tra le mie cose, i miei libri, i miei progetti, i miei ricordi.
La pittura è come un virus per le mie azioni, un filtro di senso, un’entità cromobiologica la cui natura è un’organismo che è fatto di colori.
Attacca il mio pensiero quotidiano, lo filtra, lo giudica e lo invita ad evadere.
La pittura convive con tutte le altre mie passioni e cerca spazio, sempre, nel mio cuore.
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E’ il nostro, un tempo occupato da immagini che attraversano le giornate, gli occhi.
Visioni che ci toccano per subito allontanarsi lasciando nulla di sé e nulla prendendo di noi.
Questo gran vociare di luoghi, segni, colori ci coglie sempre più isolati e lontani dal nostro pensiero intimo e dal profondo. I nostri sensi sono sovrastati dalla quantità, raramente riusciamo a selezionare, a scegliere.
Per questo, definito con ironia e divertimento, è clandestino, sotterraneo, il mondo di coloro che coltivano il gusto, la passione per l’arte, per il fare e l’interpretare come gesto di affermazione individuale.
Raffaele Gerardi da anni ci racconta il mondo con originale impegno quotidiano. Il talento emerge nei segni con i quali descrive un mondo colmo di emozioni, fatto di corpi tesi ad esprimere. La sua pittura, vero e reale mezzo espressivo, è esplosione dei sensi, impegno fisico ed emotivo per raggiungere la massima semplicità.
E’ il luogo della educazione al vedere. L’invito ad entrare in clandestinità, con gli occhi di bambini pronti a sorprendersi, per visitare un territorio ricco di emozioni, per farsi colpire dalla evidenza della nostra cecità.
Giorgio Di Tullio






